Le ere geologiche

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La proficua sinergia creatasi tra paleontologia, biologia, astrofisica e geologia ci consente di affermare che l’universo si è costituito in seguito ad una potentissima esplosione avvenuta circa 15 o 20 miliardi di anni fa. In seguito si sarebbero sviluppati la terra e il sistema solare, la cui formazione può essere fatta risalire a cinque miliardi di anni addietro. La terra sarebbe poi stata soggetta a trasformazioni di varia profondità ed intensità passando attraverso cinque principali ere geologiche. La prima, chiamata era archeozòica, durò approssimativamente 3,4 miliardi di anni e fu caratterizzata da forme vitali quali alghe, batteri e invertebrati. La seconda era, quella paleozòica, si protrasse per più di 280 milioni di anni e vide come suoi protagonisti pesci, felci e trilobiti, ossia artropodi marini. Nella terza era, detta mesozòica, la quale ebbe una durata di 160 milioni di anni, si svilupparono rettili e molluschi fossili dalla conchiglia a spirale. La quarta era, denominata cenozòica, coprì un lasso di tempo di circa 57 milioni di anni e favorì lo sviluppo della flora e della fauna, soprattutto relativamente ai mammiferi. Infine l’inizio dell’era neozòica, in cui siamo immersi tutt’oggi, risale a poco più di 3 milioni di anni fa. Caratteristica principale di tale era fu la comparsa dei primi esseri appartenenti alla specie umana. Gli scienziati pur ammettendo, sebbene in una concezione non priva di dubbi, una comune origine e discendenza tra l’uomo e la scimmia, ritengono che in un certo momento si creò una decisa differenziazione, aumentata progressivamente nel corso dei millenni, la quale diede vita a due ben diverse specie genealogiche: quella delle scimmie e quella degli ominidi, ossia esseri in qualche modo similari all’uomo. Tracce evidenti di ominidi sono state scoperte nel continente africano, in particolare di quell’ominide denominato “australopiteco”. La sua fisionomia presentava un cranio di dimensioni piuttosto ridotte, denti enormi e arcate sopraccigliari evidenti e folte. Ciò che differenziava l’australopiteco dalle scimmie era la sua capacità di camminare sui soli arti posteriori, invece che a quattro zampe. Fu poi la volta del cosiddetto “Homo Habilis” caratterizzato da un cervello di dimensioni più ampie rispetto all’australopiteco, dall’attitudine a camminare velocemente sugli arti inferiori, e soprattutto dall’uso del pollice. Tale pollice specializzato era, infatti, in grado di ruotare su se stesso e di garantire una presa forte e sicura. Tale prerogativa consentiva all’homo habilis di tenere ben stretti in pugno bastoni e sassi, rendendogli più facile, per esempio, fare la punta ad una selce. L’uso di tale pollice fu importantissimo e preludeva ad importanti conquiste nell’ambito della civiltà. All’homo habilis fece seguito l’ “Homo Erectus”, il cui cranio era molto più voluminoso di quello del suo predecessore. Dotato di una buona capacità nel creare arnesi e utensili, per quanto ancora molto primitivi, sapeva accendere il fuoco e riusciva ad inviare comunicazioni articolate ai propri simili, trasmettendo notizie che non si esaurivano più nei semplici segnali di pericolo e di richiamo. Fu in questo periodo che gli uomini cominciarono ad uscire dall’Africa e ad addentrarsi in Europa e Asia come testimonia la diffusione dell’ascia a mano, attrezzo di pietra la cui punta ed estremità taglienti consentivano di estrarre le radici, scuoiare la selvaggina e via dicendo. Con l’ “Homo di Neanderthal”, dal nome della vallata presso Dusseldorf dove vennero ritrovati i suoi resti nel 1856, l’evoluzione della specie umana fece il passo più importante. Di bassa statura e col cranio dalla fronte ridotta, possedeva un mento sporgente, potenti mascelle e archi orbitali molto sviluppati. L’homo di Neanderthal fu abilissimo nel fabbricare utensili e nel dipingere, sebbene in modo piuttosto rozzo, le pareti delle caverne dove dimorava. Fu, però, tra i quarantamila e i diecimila anni fa che iniziò a vivere in Europa l’ “Homo Sapiens”, considerato il vero e proprio progenitore dell’umanità. Fornito di uno scheletro molto simile a quello dell’uomo di oggi di e un volume cranico praticamente uguale al nostro, riuscì a creare oggetti sempre più funzionali avvalendosi di notevoli capacità intellettuali e artistiche. Il primo esemplare di questo tipo di uomo fu ritrovato nel 1868 in una grotta della Dordogna nei pressi di Cro-Magnon nella Francia sud-occidentale. È interessante notare che l’homo sapiens raggiunse non solo livelli straordinari nella lavorazione della pietra, ma forgiò anche ami da pesca e aghi in osso e avorio giunti fino a noi. Inoltre ben lungi dal rimanere stanziati in Europa, gli uomini di Cro-Magnon affrontarono viaggi in terre lontane come l’America e l’Australia.

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